venerdì 20 gennaio 2012

La seconda crocifissione di Cristo, di Nikos Kazantzakis (Castelvecchi)

(Incipit - L’Agà di Likovrissi sta seduto al suo balcone, sovrastante la piazza del paese, fuma nel lungo bocchino e beve acquavite. Cade una pioggerella tepida, silenziosa, e sui suoi grossi baffi ritorti, tinti di fresco di nero, stanno sospese e luccicano alcune
gocce: l’Agà riscaldato dall’acquavite le lecca per rinfrescarsi. Alla sua destra, in piedi, c’è il suo staffiere, un gigantesco e burbero uomo d’Anatolia, strabico e torvo, con la sua tromba. A sinistra sta seduto alla turca, su un cuscino di velluto, un bel  turchetto paffutello, che gli accende di tanto in tanto il bocchino e gli riempie ininterrottamente di acquavite la tazza.
L’Agà socchiude gli occhi sonnolenti e gioisce del mondo. «Tutto è stato ben fatto da Dio», pensa. «Questo mondo è indovinato bene, non manca nulla. Se hai fame, c’è pane e carne in pentola e pilaf* con cannella. Se hai sete, c’è l’acqua dell’immortalità, l’acquavite. Se hai voglia di dormire, Dio ha fatto il sonno. Se sei in collera, c’è la frusta e il didietro del suddito. Se sei colto dalla tristezza, Dio ha fatto gli stornelli. E se vuoi dimenticare gli affanni e i dolori del mondo, c’è Ghiussufaki») Qui su 10 righe dai libri le prime pagine -

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