mercoledì 12 ottobre 2016

Canto della montagna sulla fabbricazione della Pietra Filosofale della Scuola di Paracelso (La Vita Felice)



“L'opera va intesa come un tentativo di conquistare i segreti della natura umanizzando gli elementi, senza perdere la fede nella trascendenza divina. Gesù viene subito ricordato nell’introduzione dell’anonimo, che si firma N.N. riprendendo la locuzione latina “Nescio Nomen”; anzi è detto “mio”, quasi che il Salvatore abbia fornito una speciale assistenza per scoprire i manoscritti necessari e per portare a buon fine gli esperimenti. Di certo si può scrivere in margine a queste pagine che l’anonimo estensore conosce non pochi argomenti della letteratura alchemica, da Ruggero Bacone a Basilio Valentino, ma l’autore di riferimento resta Paracelso, citato ben sedici volte nelle pagine del Berglied e sempre per le sue opere dedicate all’alchimia."

“Tutto ciò che riguarda questo singolare Canto della montagna, scoperto da Guido Manacorda in una piccola biblioteca siciliana, appare avvolto nel mistero. Ignoto l’autore, ignote le ragioni per le quali un codice alchemico tedesco del XVII secolo sia potuto andare a finire dalla Germania in Sicilia. Ignoto il donatore. Misterioso, infine, l’argomento: la fabbricazione della “pietra filosofale”, cioè la titanica scalata dell’uomo alla smisurata ricchezza e alla fisica immortalità. Leggendo tra le righe, tuttavia, alcune informazioni sull’autore si riescono a carpire: nativo di Meissen, apparteneva alla nobiltà e abitava a Breslavia. Viaggiò molto per terra e per mare, aveva tre figli, era religiosissimo e moralista. Il codice è di carattere miscellaneo, ma risulta tuttavia diviso in tre parti: nella prima sono raccolti i “caratteri” delle principali sostanze. Nella seconda si parla del trattamento dei metalli e della preparazione della pietra filosofale. La terza parte, infine, contiene il Canto della montagna e un riassunto delle opinioni di autori diversi sul modo di lavorare la pietra. Superfluo dire che il Canto costituisce la parte più interessante di tutto il codice, anche se artisticamente non si può definire un “gioiello”: il barocco dei suoi simboli grevi soffre nel metro qua e là popolare e la lingua passa dall’arcaicità latineggiante al dialettismo popolare. Eppure qualcosa aleggia nelle sue atmosfere, rendendo il tutto avvolto da uno sfondo magico e oscuro.”

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